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Fondo per il finanziamento dell’industria meccanica – FIM, Roma (1947 – 1968)

Fondo per il finanziamento dell’industria meccanica – FIM, Roma (1947 – 1968)

  • Denominazione
    Fondo per il finanziamento dell’industria meccanica - FIM (1947 - 1968)
  • Date di esistenza
    1947 - 1968
  • Sedi
    • Roma
  • Tipo di ente
  • Cenni storici

    Per risollevare le sorti di numerose aziende operanti nel settore meccanico prostrate dagli anni del secondo conflitto mondiale, lo Stato italiano, con Decreto legislativo del capo provvisorio dello Stato dell’8 settembre 1947, n. 889, diede vita al Fondo per il finanziamento dell’industria meccanica – FIM; questo ebbe il compito di favorire la liquidità delle industrie del settore per l’incremento dell’occupazione e per l’espansione dell’esportazione dei prodotti nel mercato internazionale. Inizialmente fu dotato di un fondo di 5 miliardi e 2.500 milioni di lire annui per i successivi vent’anni; la gestione fu assegnata all’Istituto mobiliare italiano – IMI per conto dello Stato. A dirigere l’attività del FIM in questa sua prima fase di vita fu posto un Comitato composto da sette membri, tra i quali il ragioniere generale dello Stato, i direttori generali del Tesoro, dell’Industria, delle Valute.
    Il FIM aveva facoltà di finanziare le aziende per favorire produzione ed esportazione, poteva riscuoterne i crediti ricavati a titolo di risarcimento, operare aumenti di capitale, acquistare azioni delle società finanziate e smobilizzare i pacchetti azionari da queste posseduti in altri settori industriali. La procedura di finanziamento, dopo la richiesta avanzata da un’azienda, consisteva essenzialmente nell’analisi della situazione finanziaria e produttiva, quindi il Comitato decideva se concedere o meno il credito. Sin dall’inizio della sua attività il FIM non considerò il comportamento finanziario virtuoso delle aziende richiedenti come un parametro essenziale per la concessione del finanziamento, bensì badò più a criteri di potenzialità produttiva e, molto spesso, di ammortizzazione sociale, nonché, in un particolare momento storico come quello tra anni Quaranta e Cinquanta, di conservazione della pace sociale all’interno della classe operaia. Insomma, obiettivo del FIM fu cercare di non far chiudere le fabbriche e di sostenere il livello dell’occupazione; nonostante questo non furono pochi i disordini, le proteste, le occupazioni degli impianti da parte degli operai per i ritardi delle paghe e le drastiche ristrutturazioni aziendali operate.
    Tra il 1947 e il 1950 il Fondo erogò 67 miliardi di lire a favore di importanti società meccaniche italiane, come il gruppo Breda, il gruppo Caproni, Ducati, FIAT, IRI, Officine Galileo, Olivetti, SIAI-Marchetti e moltissime altre. Poche di queste riuscirono a rifondare il debito (FIAT, IRI, Olivetti), altre, come la Breda, la Ducati, la Caproni, cedettero i propri pacchetti azionari al FIM consegnandosi di fatto nelle mani dello Stato.
    Il dibattito per la liquidazione del FIM cominciò poco dopo l’avvio dell’attività e, proseguendo in modo acceso anche a mezzo stampa, giunse all’emanazione della Legge del 17 ottobre 1950, n. 840, con cui si istituì un secondo Comitato incaricato di provvedere alla sistemazione delle aziende assistite o partecipate, e chiudere i conti del Fondo. Furono emessi altri crediti, mentre per le aziende giudicate quasi compromesse si tentarono varie soluzioni di emergenza pur di salvarle, ad esempio attraverso la trasformazione in finanziarie e il trasferimento delle attività produttive in società controllate costituite ad hoc. Fu il caso proprio della Società italiana Ernesto Breda, trasformata in Finanziaria Ernesto Breda – FEB a capo di una moltitudine di società minori (tra queste anche il Cantiere navale Breda), addette alle diverse produzioni prima concentrate in una società unica; lo stesso accadde alla Ducati e alle Officine meccaniche reggiane. Per altre aziende si dovette procedere alla liquidazione coatta, come la Caproni, o alla cessione all’IRI.
    Il processo liquidatorio del FIM durò quasi vent’anni, fino al 1968; nel 1962, intanto, era nato l’Ente partecipazioni e finanziamento industrie manifatturiere – EFIM, cui il liquidando FIM trasferì tutte le partecipazioni societarie fin lì acquisite.

  • Nota bibliografica

    F. Antolini, L’industria meccanica italiana dopo l’aprile 1948, in «Critica economica», n. 56 (settembre-dicembre 1949), pp. 42-66.
    F. Fauri, La strada scabrosa del risanamento economico delle aziende: la missione impossibile del FIM, in «Imprese e Storia», n. 36 (luglio-dicembre 2007), pp. 193-217.
    V. Castronovo e altri, La Breda. Dalla Società Italiana Ernesto Breda alla Finanziaria Ernesto Breda: 1886-1986, Amilcare Pizzi Editore, Milano 1986.
    G. Lombardo e V. Zamagni, L’Istituto Mobiliare Italiano 1931-1998, Il Mulino, Bologna 2009.

  • Fonti

    Archivio Istituto mobiliare italiano – IMI, inventario consultabile on-line in asisp.intesasanpaolo.com (consultato nel mese di giugno 2018).

  • Compilatore
    Alessandro Ruzzon, prima redazione giugno 2018
  • Revisione
    Archivio storico Intesa Sanpaolo. Patrimonio archivistico Istituto mobiliare italiano - IMI
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