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Consiglio di fabbrica Galileo industrie ottiche, Porto Marghera (Venezia) (1972 – 2000)

Consiglio di fabbrica Galileo industrie ottiche, Porto Marghera (Venezia) (1972 – 2000)

  • Denominazione
    Consiglio di fabbrica Galileo industrie ottiche (1989 - 2000)
  • Altre Denominazioni
    • Consiglio di fabbrica Industrie ottiche riunite - IOR (1972 - 1989)
  • Date di esistenza
    1972 - 2000
  • Sedi
    • Porto Marghera (Venezia)
  • Tipo di ente
  • Cenni storici

    Sembra opportuno ripercorrere brevemente le vicende delle Officine Galileo, poi Industrie ottiche riunite – IOR di Porto Marghera; se ne dà qualche cenno rimandando, per maggiori informazioni, alla dettagliata ricostruzione in M. Romanato, La memoria del lavoro cit., fonte per queste annotazioni.
    Se si escludono le origini “mitiche” dell’Officina Galileo di Giovan Battista Amici, negli anni Trenta dell’Ottocento, è al 1870 che risalgono le prime notizie documentate dell’esistenza di un’Officina Galileo, attiva a Firenze, sorta pochi anni prima. Proprietario era Angelo Vegni, fino alla scomparsa nel 1883, dopodiché l’azienda meccanica passò per volontà testamentaria ad un locale istituto agrario. Complice anche la perdita di importanza “politica” della città toscana quando la capitale fu trasferita da Firenze a Roma, la società entrò in crisi; nel 1906, all’epoca denominata Società Ing. G. Martinez & C., fu messa in liquidazione per rinascere a nuova vita poco dopo con una ricapitalizzazione modesta, ma guidata da valentissimi dirigenti, tra questi c’era anche Giuseppe Volpi, nel ruolo di vicepresidente.
    La guerra mondiale portò commesse e lavoro e le Officine Galileo (questa la nuova ragione sociale, forse imposta proprio da Volpi) godettero di un aumento vertiginoso del capitale sociale, ora di 3 milioni di lire. Tuttavia, con la fine del conflitto, la conversione ad un’economia di pace non fu facile, la società fu costretta a sciogliersi e a ricostituirsi con nuovi capitali, perlopiù forniti da Giuseppe Volpi. Negli anni Venti la Galileo entrò nell’orbita della società perno di tutta l’attività dell’imprenditore veneziano, la Società adriatica di elettricità – SADE, di cui fu una delle controllate, assieme a molte altre società che si occupavano di elettricità, di meccanica, di finanza, di turismo ecc. Verso la fine degli anni Venti la Galileo poté espandersi fuori dalla Toscana e diversificare la produzione: assorbì le padovane Officine Battaglia, impiantò stabilimenti a La Spezia, a Taranto e in altre parti d’Italia, fino ad arrivare, presumibilmente nel 1937, a Porto Marghera, nominalmente sotto il nome delle Officine Battaglia, ma con un’autonoma produzione di lenti oftalmiche.
    Il dopoguerra fu difficile per la mancanza di materie prime e l’interruzione delle commesse di guerra e l’organico si ridusse da 160 a 130 unità; nel 1949 il gruppo aziendale fu ristrutturato e lo stabilimento di Marghera fu costituito a società autonoma, per l’appunto le Officine Galileo di Marghera spa. Gli anni Cinquanta e Sessanta furono anni di crescita e diversificazione produttiva: si cominciarono a produrre lenti corneali e lenti in materiale organico, inoltre si potenziò il settore meccanico di costruzione di macchinari per la lavorazione delle lenti destinati alla vendita. Il marchio Officine Galileo divenne garanzia di alta qualità.
    La nazionalizzazione dell’energia elettrica e il conseguente assorbimento della SADE in Edison, dal 1966 Montedison, comportò il passaggio di proprietà anche in Officine Galileo di Marghera; queste, incorporate in Montedison, nel 1969 furono fatte confluire, assieme alla Filotecnica Salmoiraghi (di proprietà Finmeccanica, ovvero IRI), nelle nuove Industrie ottiche riunite – IOR spa (sede legale a Milano, direzione generale e produzione a Marghera), salvo recuperare subito dopo, ma solo fino al 1972, il marchio Officine Galileo per fini commerciali.
    Negli anni seguenti la produzione di lenti si confermò ad alti livelli qualitativi, ma la gestione aziendale non sembrò rivelarsi all’altezza in quanto una crisi congiunturale e l’agguerrita concorrenza estera nel 1975 capovolsero la buona situazione finanziaria di qualche anno prima. Finmeccanica divenne proprietaria unica della totalità del pacchetto azionario; si tentò una ristrutturazione dei reparti con riduzioni di organico e nuove linee produttive per recuperare i pesanti debiti accumulati, ma i risultati non furono quelli sperati, così la IOR nel 1982 passò alla Sofin, finanziaria IRI che la prese in carico sostanzialmente per trovare un nuovo acquirente.
    Nel 1989 la finanziaria Finalp ne acquisì completamente la proprietà; il nuovo proprietario, Francesco Caporossi, dapprima si dimostrò abilissimo nel riportare in attivo la IOR, in particolare tagliando i costi ed investendo in innovazione; egli ridiede alla società il predominio nel mercato interno delle lenti. Non trascurò nemmeno l’immagine dell’azienda: tra le varie operazioni di cui si fece promotore in questo campo, nel 1989 operò un cambio di ragione sociale, da Industrie ottiche riunite – IOR a Galileo industrie ottiche spa, che diffuse con efficaci operazioni di marketing. Il passo successivo però fu azzardato: non solo si decise di tentare l’espansione nel settore delle montature per lenti, ma anche si cercò, con operazioni inutilmente dispendiose, di conquistare fette di mercato all’estero, in Europa, in Russia, negli Stati Uniti. A questo si aggiunse una poco oculata gestione della liquidità disponibile. Nel 1994 i debiti ammontavano a 180 miliardi; tra il 1992 e il 1997 la perdita del fatturato fu dell’80%. Per i dipendenti si ricorse spesso alla cassa integrazione, ed essi, nelle contestazioni, più volte ricorsero all’occupazione della fabbrica; tra il 1994 e il 1999 sono state tre, in occasione della prima di queste, nel 1994, lo stabilimento fu occupato per ben quattro mesi.
    All’inizio del nuovo secolo la Galileo industrie ottiche chiuse definitivamente i battenti.
    È attraverso le diverse fasi storiche della realtà produttiva appena delineata che si determinò anche l’evoluzione della rappresentanza dei lavoratori delle Officine Galileo, poi Industrie ottiche riunite – IOR, infine Galileo industrie ottiche, che qui si ripropone nelle sue linee generali.
    L’organizzazione di un organo di rappresentanza con poteri di contrattazione e risoluzione delle vertenze interne all’azienda riconosciuti nei fatti da vertici aziendali e sindacati aveva preso corpo nei grandi centri industriali italiani già ad inizio Novecento con la formazione di Commissioni interne alle fabbriche; furono queste a guidare le occupazioni delle fabbriche nei duri scontri che caratterizzarono il “biennio rosso” tra 1919 e 1920, anche a Venezia, soprattutto nei cantieri navali della città.
    L’avvento di Mussolini e la fascistizzazione delle strutture sindacali avevano cancellato a forza queste prime esperienze “dal basso” (1925, patto di Palazzo Vidoni), ma subito dopo la caduta del fascismo, nel settembre del 1943, le Commissioni interne furono ricostituite da un accordo sottoscritto da Confederazione generale del lavoro e Confederazione generale dell’industria. Esse non erano emanazioni dei sindacati, invece, previa delega delle organizzazioni sindacali locali, rappresentavano tutti i lavoratori di uno stabilimento (fossero iscritti o meno al sindacato) durante le trattative per la stipula dei contratti collettivi.
    Dalla metà degli anni Quaranta in poi (con gli accordi interconfederali del 1947 e seguenti) formalmente i poteri di contrattazione delle Commissioni furono fortemente limitati dalla CGIL che volle riservare questa funzione per le proprie federazioni di categoria, così alle rappresentanze dei lavoratori furono affidate sostanzialmente funzioni di “sorveglianza” sul rispetto dei contratti stipulati e sulla sicurezza del luogo di lavoro. Lo stato dei fatti era però un altro: accadeva di frequente che le Commissioni interne si occupassero direttamente di contrattazione, pur non avendone delega formale, semplicemente perché più presenti e più a contatto con la realtà produttiva di fabbrica rispetto alle strutture sindacali di categoria.
    A seguito delle rivendicazioni operaie della seconda metà degli anni Sessanta e delle dure contestazioni che ne nacquero, furono evidenti i limiti entro cui erano costrette a muoversi le Commissioni, prive com’erano di un riconoscimento formale da parte del sindacato; a questo si aggiungeva il fatto che non erano sufficientemente rappresentative della complessità che avevano assunto i sistemi produttivi, essendo composte da lavoratori eletti da liste di fabbrica senza distinzione di reparto. Da una parte nacquero dunque le Rappresentanze sindacali aziendali – RSA, anche in virtù dell’approvazione dello Statuto dei lavoratori nel 1970 (legge del 20 maggio n. 300) che ne consentì l’istituzione, dall’altra nelle fabbriche si formarono spontaneamente dei Consigli di fabbrica (CDF) a rappresentare in modo più diretto e capillare l’intero organico dei lavoratori di uno stabilimento con un delegato per ogni reparto o gruppo produttivo omogeneo. Tra 1969 e 1970 i sindacati riconobbero ai delegati eletti dai lavoratori i poteri di contrattazione spettanti per legge alle RSA: in questo modo si conciliarono democratizzazione della rappresentanza e presenza dei sindacati negli stabilimenti, che per le elezioni dei CDF presentavano insieme le liste dei candidati delegati.
    I Consigli di fabbrica, in quanto espressione unitaria dei lavoratori e delle sigle sindacali che li rappresentavano, vissero la loro parabola ascendente nel periodo della rinnovata unità sindacale, tra 1972 e 1984; con la rottura del patto federativo anche questi organi entrarono in crisi e non sempre sopravvissero a lungo, liberando di nuovo il campo per l’azione delle RSA di ciascuna sigla sindacale, come accennato previste per legge. Esse furono riunite prima, nel 1989, con l’istituzione dei Consigli aziendali delle Rappresentanze sindacali, dal 1993, con la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra Governo e parti sociali, con la nascita delle Rappresentanze sindacali unitarie – RSU.
    Il Consiglio di fabbrica delle Industrie ottiche riunite (poi Galileo industrie ottiche), dotatosi di un Comitato esecutivo, sopravvisse fino alla chiusura della fabbrica, pur con un periodo di silenzio documentario tra 1974 e 1975, durante il quale riaffiorò la RSA.

  • Nota bibliografica

    R. Giani, Il caso Galileo: strategie aziendali e relazioni industriali in un contesto di privatizzazione, in Le relazioni industriali e le politiche retributive nella provincia di Venezia. Ricerca per conto della Camera di Commercio di Venezia, IRES Veneto, [Venezia] 1994.
    Libro bianco sulla IOR (Industrie Ottiche Riunite) elaborato dai lavoratori e dal Consiglio di Fabbrica della IOR di Porto Marghera, s.n.t., 1978.
    G. Martinez, Notizie sulla vita della e nella “Galileo” dall’origine fino al 1943, Tipografia A. Conti e Figli, Firenze 1950.
    M. Romanato, La memoria del lavoro. L’impresa dalla parte dei lavoratori: le carte del Consiglio di Fabbrica Galileo Industrie Ottiche (1947-2000), Centro studi Ettore Luccini, Padova 2003.

  • Fonti

    M. Romanato, La memoria del lavoro. L’impresa dalla parte dei lavoratori: le carte del Consiglio di Fabbrica Galileo Industrie Ottiche (1947-2000), tesi di laurea, relatrice G. Bonfiglio Dosio, Università degli studi di Padova, a.a. 2002/2003.

  • Compilatore
    Alessandro Ruzzon, prima redazione giugno 2018
  • Complessi archivistici prodotti