3 casi di archivi
Archivi storici riconosciuti come tali, fonti documentarie di più difficile accesso e consultazione e archivi presumibilmente non più esistenti
LEGGI TUTTOCome e quando
La raccolta dei dati è stata condotta partendo innanzitutto da una selezione della bibliografia esistente sulla storia di Porto Marghera
LEGGI TUTTOStandard utilizzati
Standard elaborati dalla comunità archivistica internazionale: ISAD per i complessi documentari, ISAAR e NIERA (EPF) per i soggetti produttori, ISDIAH per i soggetti conservatori
LEGGI TUTTOCom’è lo strumento
Una serie di schede descrittive composte da quattro sezioni (Conservatore, Complesso archivistico, Ordinamento e accesso ai documenti, Soggetto produttore)
LEGGI TUTTO3 casi di archivi
Definito l’ambito di indagine, si deve precisare che la ricerca ha compreso principalmente tre casi di archivi:
-
- archivi storici riconosciuti come tali e in quanto tali, seppur con differenti gradi di accuratezza, riordinati e descritti;
- fonti documentarie di più difficile accesso e consultazione, solitamente di datazione più recente e non definibili propriamente come archivi storici, quanto piuttosto come archivi di deposito, se non addirittura correnti, tuttavia ritenuti rilevanti ai fini delle ricerche su Porto Marghera, anche solo per il loro portato “simbolico” (si veda la scheda Slim Fusina Rolling);
- infine, archivi presumibilmente non più esistenti, naturalmente non confluiti nella parte descrittiva di questo lavoro

L’indagine è stata condotta tra le fonti archivistiche già messe in sicurezza presso i rispettivi conservatori: non è stata fatta un’esplorazione all’interno degli stabilimenti storici rimasti, se non limitatamente ad alcuni casi. Per Acciaierie Beltrame (ex Sidermarghera) e Fincantieri le ricerche sono state fatte per interposta persona, grazie al personale addetto, ma solo nel secondo caso, e solo recentemente, si è prospettata la possibilità che parte o buona parte del materiale archivistico prodotto possa essere portato alla luce; invece per Slim Fusina Rolling, azienda stabilitasi nell’ex impianto SAVA di Fusina, è emersa della documentazione consultabile, di carattere meramente tecnico (si veda la scheda relativa), prodotta da storiche società del settore dell’alluminio non più esistenti.
Negli istituti che conservano ingenti patrimoni archivistici prodotti da enti articolati e dalle vicende storiche lunghe e talvolta complesse, come ad esempio l’Archivio di Stato di Venezia, l’Archivio storico di Intesa Sanpaolo, e soprattutto l’Archivio centrale dello Stato, la ricerca, per forza di cose, è stata possibile esclusivamente attraverso gli strumenti di accesso disponibili (inventari, elenchi sommari, elenchi di versamento ecc.), pertanto, dove non presenti adeguati mezzi di corredo a complessi documentari anche molto consistenti, i risultati conseguiti sono senza dubbio parziali e passibili di profondi aggiornamenti futuri. È il caso degli archivi storici di alcuni ministeri del Regno e della Repubblica italiana (nello specifico i ministeri dei lavori pubblici, dell’industria commercio e artigianato), di certo non sufficientemente esplorati per questa ricerca e a mio avviso, soprattutto per il primo dei dicasteri citati, letteralmente in fieri in quanto, per buona parte della seconda metà del Novecento, ancora custoditi dai soggetti produttori, di ben più difficile accesso non essendo istituti dedicati specificamente alla valorizzazione del patrimonio documentale prodotto.
Quanto appena affermato vale anche per i grandi archivi d’impresa. La storia peculiare degli insediamenti industriali di Porto Marghera, sorti in gran parte grazie agli investimenti di potenti gruppi industriali nazionali perlopiù estranei al contesto veneto e veneziano, impone di adottare un’attenzione particolare nella segnalazione di questi archivi in quanto essi possono riguardare, oltre allo stabilimento-madre (solitamente collocato in una delle regioni italiane industriali storiche, Lombardia, Liguria, Piemonte), una rete di decine di altre unità produttive sparse su tutto il territorio nazionale. Si può fare il caso della Breda: il cantiere navale di Porto Marghera era “solo” una delle divisioni produttive della società milanese (l’ottava), presente con vari stabilimenti meccanici e siderurgici in molte regioni italiane. In casi come questo è stato quindi necessario individuare con precisione i nuclei documentari interessanti. Per dirlo in modo ancora più chiaro: non può bastare individuare l’archivio della Montedison o l’archivio della Breda o l’archivio dell’Ilva, occorre capire che cosa questi archivi possono dire dell’attività degli stabilimenti di Porto Marghera; se quest’operazione, per Breda e Ilva, è abbastanza agevole in quanto esistono degli strumenti analitici di accesso alle carte, per Montedison l’operazione si è rivelata, allo stato dei fatti, inattuabile (si veda la scheda Edison ex Gruppo Montedison). Lo stesso vale per i riferimenti che di queste società possono essere presenti in archivi consistenti e importanti come gli archivi dei ministeri e di altri enti statali centrali, su tutti i ministeri dell’interno, dei lavori pubblici, dell’industria, dell’Istituto per la ricostruzione industriale – IRI e altri. In questo lavoro quindi si è cercato di lasciare sullo sfondo le vicende generali delle grandi società protagoniste dello sviluppo industriale di Porto Marghera: quando è stato possibile, i complessi archivistici sono stati segnalati se e solo se riguardano direttamente gli stabilimenti veneziani circoscrivendo il più possibile le parti interessate.
Come e quando
La raccolta dei dati è stata condotta partendo innanzitutto da una selezione della bibliografia esistente sulla storia di Porto Marghera.
Attraverso gli studi realizzati si è cercato, da una parte, di individuare le fonti d’archivio già note e a cui si è già attinto con profitto, dall’altra di formulare delle ipotesi fondate sull’esistenza di altri fondi potenzialmente interessanti.
La raccolta di titoli cui si è fatto riferimento è sostanzialmente quella curata da Annamaria Pozzan per un progetto sviluppato con la Fondazione Gianni Pellicani nel 2012, già “tematizzata” secondo alcuni orientamenti di ricerca specifici, con, in aggiunta, alcuni studi comparsi in seguito e obiettivamente importanti per la ricerca sul polo industriale veneziano: è il caso, per esempio, di alcuni saggi di Foscara Porchia e Omar Salani Favaro. Bisogna avvertire però che non tutte le fonti archivistiche utilizzate dagli studiosi e rilevabili nei loro lavori sono state descritte, in questo senso non è stata fatta un’operazione sistematica
Tuttavia, accanto alle fonti “classiche”, come l’archivio della Camera di commercio di Venezia, del Gabinetto della Prefettura o del Ministero dell’interno, si è cercato di far emergere documentazione sinora trascurata per questo ambito di studio (ad esempio l’archivio storico della Camera dei deputati) o del tutto sconosciuta (come l’archivio della Federazione impiegati operai metallurgici – FIOM di Venezia), senza formulare un giudizio sul valore storico delle carte; l’obiettivo è stato restituire, per quanto possibile, la profondità del panorama archivistico che ha caratterizzato e in parte caratterizza ancora la parabola dell’industria di Porto Marghera.
Standard utilizzati
La rilevazione delle informazioni sugli archivi individuati come interessanti, così come la loro riorganizzazione in fase di elaborazione delle descrizioni e di costruzione del sistema informativo, ha seguito un tracciato stabilito a priori basato, quanto più possibile, sugli standard descrittivi e redazionali elaborati dalla comunità archivistica internazionale
ISAD per i complessi documentari (gli archivi e il loro contenuto), ISAAR e NIERA (EPF) per i soggetti produttori (chi ha messo insieme gli archivi), ISDIAH per i soggetti conservatori degli archivi (si veda la voce Standard di descrizione archivistica in Glossario)
Si è specificato quanto più possibile dal momento che si è dovuto tenere conto innanzitutto delle condizioni di alcuni complessi archivistici, in via di riordino e non ancora compiutamente descrivibili, in secondo luogo delle finalità dello strumento elaborato, che si è voluto rigoroso ma nello stesso tempo agile e di facile accesso anche per un pubblico di non specialisti, e infine delle possibilità della piattaforma software disponibile.
Ad ogni modo, seguendo gli standard, sono proprio le tre entità citate gli snodi fondamentali della descrizione degli archivi individuati, dato che ogni complesso documentario ha una sua autonomia e unitarietà se è stato prodotto da un soggetto produttore ed è conservato da un soggetto conservatore.
Ognuna di queste parti si articola a sua volta in alcuni segmenti ben codificati, miranti a fornire le informazioni ritenute importanti secondo principi di esaustività e di non ripetitività. Tuttavia, rispetto a quanto previsto dagli standard, si è dovuto selezionare quali informazioni far emergere, sacrificarne altre, e, in fase di costruzione dello strumento informatico, strutturare in modo diverso la loro organizzazione.
Per lo scambio di informazioni sui complessi documentari è comunque garantita la presenza di alcuni elementi ritenuti essenziali: denominazione o titolo dell’archivio, suo soggetto produttore (purché non si tratti di raccolte di documenti), estremi cronologici coperti dalla documentazione, consistenza dell’unità di descrizione e livello di descrizione adottato.
Com'è lo strumento
Lo strumento informatico elaborato è costituito così da tre insiemi di schede descrittive corrispondente ciascuno a uno dei tre momenti essenziali della descrizione archivistica: l’insieme dei Complessi archivistici, l’insieme dei Soggetti produttori, l’insieme dei Soggetti conservatori.
Ciascuna scheda, all’interno dell’insieme di appartenenza, è autonoma, essa però stabilisce un collegamento con una o più schede appartenenti ad un altro gruppo. Una scheda complesso archivistico è collegata obbligatoriamente ad una scheda soggetto conservatore (un archivio deve essere custodito fisicamente da qualche parte e da qualcuno) e nella quasi totalità dei casi ad una scheda soggetto produttore (un archivio è stato messo insieme da un ente o da una persona nello svolgimento della propria attività). Quest’ultimo caso non si verifica quando si tratta di raccolte o collezioni di documenti in quanto per queste non si può più individuare un vero e proprio soggetto produttore, a meno che non si consideri tale l’ente o la persona che le ha realizzate estrapolando il materiale dal contesto originario. Perno di questo sistema è quindi la scheda complesso archivistico, al centro della rete di relazioni in cui si trova inserita.
Le tre schede, a loro volta, si articolano in base alla seguente struttura in campi descrittivi:
Soggetto produttore
- Intestazione (denominazione prescelta con riferimenti alla/e sede/i e alle date di esistenza dell’ente)
- Denominazione (il nome ritenuto più significativo tra quelli assunti nel corso dell’esistenza con gli estremi cronologici coperti); Cognome, Nome (nel caso di persone)
- Altre denominazioni (e date, se disponibili)
- Date di esistenza dell’ente
- Sede/i
- Tipo di ente (se persona, impresa, ufficio pubblico ecc.)
- Cenni storici
- Note
- Nota bibliografica
- Fonti utilizzate per la compilazione
- Compilatore
- Revisione

Soggetto conservatore
- Intestazione (denominazione dell’ente con sua ubicazione)
- Denominazione dell’ente
- Ubicazione (con indirizzo completo)
- Contatti
- Informazioni utili (presenza di altri archivi di interesse, di una biblioteca o altro)
Complesso archivistico
- Titolo (denominazione con estremi cronologici coperti dalla documentazione)
- Denominazione (nella quale è sempre sottinteso il termine Archivio, Fondo, Carte, Raccolta ecc.)
- Altre denominazioni
- Tipologia e contesto del complesso archivistico (la sua qualifica gerarchica, cioè se si tratta di complesso di fondi, fondo, sub-fondo, raccolta ecc.)
- Natura del complesso archivistico (specificata solo se si tratta di un archivio con prevalenza di documentazione fotografica, audiovisiva, cinematografica, oppure “tecnica”, ovvero disegni, progetti, planimetrie ecc.)
- Estremi cronologici dei documenti con anno più remoto e anno più recente (o eventuali approssimazioni o congetture segnalate tra parentesi quadre [ ]; l’intervallo può essere ancora aperto, l’eventualità è segnalata da tre puntini)
- Contenuto del complesso documentario (considerato prima nella sua interezza, quindi rispetto all’effettivo interesse del tema del sistema informativo)
- Tipologia documentaria del complesso (se è costituito da fotografie, corrispondenza, verbali, registri ecc.)
- Consistenza della documentazione (segnalata con i dati a disposizione: metri lineari, pezzi, buste, registri, volumi, fascicoli, unità ecc.)
- Stato di ordinamento e conservazione (ovvero se risulta ordinata, parzialmente ordinata o non ordinata; in ottimo, buono, discreto, cattivo, pessimo stato di conservazione)
- Condizioni per la consultazione del complesso (ovvero se è liberamente consultabile oppure esistono delle restrizioni, eventuali altre precisazioni)
- Strumenti di accesso (ovvero se esistono strumenti che permettano le ricerche o quanto meno di orientarsi tra i documenti e, in caso, quali)
- Note (per qualunque altra segnalazione di rilievo)
- Nota bibliografica
- Fonti utilizzate per la compilazione
- Compilatore
- Revisione
Chiarita la struttura del sistema e delle descrizioni di cui è composto, merita qualche parola di approfondimento la scheda centrale del sistema informativo costruito, quella dedicata al complesso archivistico, in particolare rispetto al livello base scelto per la compilazione delle schede. Il livello più “basso” di descrizione è quello di fondo archivistico (si veda al link Glossario), ovvero ad ogni scheda corrisponde almeno un fondo, ritenuto il livello minimo perché un complesso documentario soddisfi allo stesso tempo criteri di unitarietà e di organicità per uno strumento come questo. Non si danno schede descrittive intestate ai livelli gerarchici inferiori (sub-fondi, serie, sotto-serie, fascicoli ecc.), tuttavia, dati i numerosi casi in cui le finalità proposte dallo strumento possono essere raggiunti solo scendendo nel dettaglio, a livelli più bassi, all’interno delle schede si può precisare la descrizione presentando sezioni, serie, sotto-serie, anche unità archivistiche, comunque sempre definiti e considerati a partire dal loro nodo gerarchico madre, quindi contestualizzati nella loro struttura gerarchica.
Sfuggono in parte a questo criterio i cosiddetti complessi di fondi (si veda in Glossario) o, per usare un gioco di parole, i fondi complessi, costituiti cioè da più fondi archivistici prodotti ciascuno da soggetti produttori dotati di autonomia organizzativa e archivistica, ma legati tra loro da vincoli istituzionali e/o operativi, solitamente di tipo gerarchico, oppure perché incorporati uno dall’altro. In linea teorica, una volta assunto il livello fondo come livello base, ciascun fondo costitutivo si sarebbe dovuto descrivere attraverso una scheda propria, tuttavia in questi casi (non rari), per semplicità e solo se confortati dalle modalità di descrizione e ordinamento date dal soggetto conservatore, si è scelto di privilegiare l’unitarietà dell’intero complesso e presentarlo quindi insieme in un’unica scheda.
Si può fare l’esempio degli archivi dei ministeri, o delle grandi aziende di Stato (come l’IRI), costituiti, appunto, da complessi di fondi in quanto prodotti da organismi vasti, articolati al loro interno in direzioni generali, divisioni ecc. in genere considerate autonome: ad essi quindi è stata assegnata una scheda unica con, al suo interno, la segnalazione del fondo o dei fondi interessanti. Un altro esempio, sui generis, potrebbe essere il “fondo complesso” conservato da Edison S.p.A. costituito, presumibilmente, dagli archivi di numerose società, tra cui Edison appunto, Montecatini, Montedison e consociate, collegati tra loro da una rete di relazioni archivistiche che un giorno verrà forse chiarita ma che al momento rimane oscura e che pertanto non consente di distinguere bene i diversi nuclei documentari presenti, né affermare con certezza quali di essi siano fondi, quali invece sub-fondi o altro. Un caso di segno opposto invece è rappresentato dai fondi della Prefettura di Venezia e del Gabinetto della Prefettura di Venezia, due parti di uno stesso grande archivio, qui descritti con due schede distinte perché distinti “alla fonte” dal soggetto conservatore, l’Archivio di Stato di Venezia, e dagli stessi produttori delle carte.
A questo proposito si deve precisare che assegnare ad un complesso documentario il grado di fondo o complesso di fondi non è cosa sempre pacifica perché richiede un’analisi attenta delle carte, uno studio approfondito della storia istituzionale e del modus operandi del o dei soggetti produttori, improponibile – e fuori luogo – per questo sito. Quindi, quando possibile, si è fatto riferimento agli strumenti di accesso esistenti o, altrimenti, al giudizio di chi si occupa – o si è occupato – del riordino e della conservazione delle carte.
Così, nel descrivere i complessi archivistici e nel costruire il sistema informativo, si è cercato di soddisfare una doppia esigenza: di schematicità, presentando in una prospettiva il più possibile chiara i complessi documentari di potenziale interesse per lo studioso, e di scientificità, rispettando il contesto archivistico di riferimento e la molteplicità dei livelli gerarchici interni.
Le schede descrittive non sono servite solo per organizzare le informazioni date sui fondi documentari in fase di redazione, ma sono state utilizzate anche come un vero e proprio strumento di rilevazione nel corso dell’indagine. Quando possibile la compilazione delle schede è stata affidata ad esperti dei complessi archivistici individuati; più frequentemente sono state sottoposte alla loro integrazione e revisione.
Le ricerche e la realizzazione de Gli archivi di Porto Marghera. Una storia le sue fonti sono state possibili con l’aiuto fondamentale, spesso imprescindibile, di tutte le persone citate in Ringraziamenti, tra agosto 2017 e maggio 2018.